"Atlante delle emozioni umane", Tiffany Watt Smith
"A volte ci sembra di appartenere noi alle nostre emozioni e non il contrario. Ma forse è soltanto prestando attenzione ai nostri sentimenti, cercando di coglierne l'essenza come Constable faceva con le nuvole, che possiamo davvero capire chi siamo."
Anche se ci piace pensare di essere estremamente razionali, forse non c'è niente che ci definisce meglio delle nostre emozioni. Perché le emozioni si esprimono con azioni, e così possono cambiare le situazioni; e perché è soprattutto grazie alle emozioni che intraprendiamo scelte. Su di esse fondiamo definizioni da cui dipendono leggi, diagnosi, amicizie, guerre.
Nel suo "Atlante delle emozioni umane. 156 emozioni che hai provato, che non sai di aver provato, che non proverai mai" (Utet, 2017), Tiffany Watt Smith mostra proprio questo. In una sorta di enciclopedia delle emozioni, la storica culturale e studiosa di emozioni mostra come le parole possono rendere le persone diverse, perché, banalmente, dare un nome a qualcosa lo rende più reale e importante di ciò che non ne ha uno. E solo così è possibile imperniarvi sopra una serie di valori e tradizioni, abitudini e norme accettati da una popolazione. Questo libro riflette svariate facce di una stessa emozione, o meglio, sotto un singolo termine che usiamo per definire un'emozione; anche di sensazioni che non classifichiamo come emozioni (come la fame), ma che hanno un grande impatto psicologico e culturale. È una mappa per esplorare se stessi e capire gli altri, vicini e lontani nel tempo e nello spazio, grazie ad approfondimenti antropologici, storici, scientifici.
Per esempio, il libro racconta come nel tardo Ottocento, molte emozioni positive fossero considerate possibili sintomi di patologie psichiatriche. E di come forse oggi stiamo eccedendo in senso opposto, soprattutto con l'avvento della psicologia positiva, che spinge in modo quasi eccessivo all'autostima e alla gioia, come se fossero obbligatorie. Questo perché sono veicoli di autoefficacia ed efficienza sul lavoro.
Credo sia un'opera da tenere su uno scaffale, da consultare quando necessario per indagare meglio il significato delle parole, come si faceva anni addietro. Per conoscere e abbracciare le emozioni, scoprendo la storia e il ruolo di ognuna - anche quelle che cerchiamo di evitare, attraverso la nostra storia e altre culture.
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