"Bestiario selvatico", Massimo Zamboni
L'idea di fondo non mi dispiace: racconti brevi, un po' poetici, di animali che possiamo vedere o che vediamo troppo raramente. Per sensibilizzarci a guardarci intorno, a capire perché certe specie vengono introdotte, altre protette, altre ancora scacciate o sterilizzate. Ma non mi piace la resa. Naturalmente esprimo il mio giudizio personale.
Innanzitutto, somiglia di più a un libro di leggende: un po' romanzato, arricchito di impressioni personali, storie di persone locali, similitudini, parallelismi con esseri umani. A mio parere, poteva essere interessante, ma è un po' esagerato in questi aspetti: in alcuni punti prolisso, in altri un po' forzato (perché dovrei voler rendere i versi di un animale in codice morse?), in altri ancora errato (quando sono stati 70 milioni i residenti in Italia?). Non mancano, poi, antropomorfizzazioni che trovo poco giustificate e che potrebbero contribuire a rafforzare pregiudizi verso alcune specie.
Altri due grossi limiti che ho riscontrato, e che hanno contribuito a farmi faticare nel proseguire la lettura, sono la mancanza di riferimenti e il disordine. Probabilmente scelte stilistiche precise, ma non le ho apprezzate. I capitoli senza titoli possono contribuire a calare il lettore nell'atmosfera di scoperta, poiché può essere interessante capire di che specie si parla in un capitolo dopo una serie di indizi e introduzioni. Tuttavia, poteva essere utile avere almeno dei numeri per potersi orientare meglio. Inoltre, non ho riscontrato un filo logico nella suddivisione dei capitoli o nel loro ordine; per esempio, non ho capito perché nel mezzo del libro si trovasse un capitolo chiave, in cui l'autore parla di come si è affezionato al tema degli animali autoctoni e alloctoni e spiega come ha riscontrato il cambiamento delle specie delle sue zone negli anni. Mi sarebbe sembrato logico all'inizio, o alla fine, o almeno dopo aver parlato di un animale che veniva chiaramente ripreso in questa riflessione. Sinceramente non ho capito.
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